Parto in mattinata con destinazione Roma, Basilica di San Pietro in Vaticano, per rendere omaggio per l’ultima volta al mio Papa, Karol Woytila.
Nel viaggio verso Roma mi ritornano in mente i momenti vissuti durante la mia ultima GMG (Giornata Mondiale della Gioventù), in Canada nel 2002. Pensieri che si infrangono di fronte alla nuda e cruda realtà: Karol non c’è più, è morto pochi giorni fa nel suo appartamento in Vaticano. Già nell’ultimo periodo non lo si sentiva più parlare per un intervento in extremis alla sua gola, aveva perso la cosa a cui teneva di più: la voce. Quella voce che durante gli anni del suo pontificato ha usato nel richiamare e nel far riflettere ognuno di noi sulla nostra esistenza, sui nostri doveri e sui valori che la vita merita. Ora non lo sentirò più, non udirò i suoi consigli e la parola di Dio che in Lui veniva diffusa.
Il treno arriva a destinazione. Un sacco di pellegrini, giovani, famiglie e tantissimi polacchi sembra darmi il benvenuto in una città presa d’assalto, una città che si prepara ad accogliere milioni di persone. Quelle persone che vogliono renderGli omaggio per l’ultima volta, nel silenzio, nella preghiera, nella calma e lunga attesa.
Raggiungo velocemente la fine della fila, quella fila di semplici persone che lo vogliono vedere. Striscioni, canti, aneddoti sul Papa mi fanno compagnia per l’intero percorso come gli scambi di curiosità, pensieri e riflessioni con tanti altri pellegrini. Questo era quello che tanto desiderava dagli uomini Papa Wojtyla: l’unione di tante persone all’insegna dell’amore e fraternità. Lungotevere, ponte Vittorio Emanuele, Borgo S. Spirito, Via della Conciliazione: tante ore per preparare il mio cuore, la mia fede all’incontro con colui che ha soprannominato noi giovani 3 anni fa a Toronto Papa Boys, i Suoi successori sulla terra, i Suoi tanto amati ragazzi che lo raggiungevano da ogni parte del mondo per ascoltarlo e diffondere la Sua parola nel mondo. Karol ci ha voluto ringraziare con la Sua presenza già negli anni ottanta del nostro amore verso di Lui quando, a noi giovani, dedicò le GMG, giornate mondiali della gioventù che ogni 2-3 anni organizzò in Europa e nel mondo: Buenos Aires (Brasile 1987), Santiago de Compostela (Spagna 1989), Czestochowa (Polonia 1991), Denver (Colorado – USA 1993), Manila (Filippine 1995), Parigi (Francia 1997), Roma (Italia 2000), e Toronto (Canada 2002). Sentirò molto la mancanza della Sua presenza al prossimo incontro a Colonia (Germania – Agosto 2005), XX° Giornata della Gioventù. Quei giorni che Lui ci dedicava interamente, parlava con noi come fossimo suoi figli. Voleva ognuno di noi sereno, pieno d’amore, volonteroso, saggio e seminatore di tutto ciò.
E’ mezzanotte e dodici ore sono già passate. Mi si aprono davanti agli occhi, illuminati a giorno da tante luci, Piazza S. Pietro, la maestosa Basilica, il grande obelisco che sovrasta il centro della Piazza ai cui lati due fontane sprizzano ancora acqua nonostante l’orario, il colonnato del Bernini e il palazzo vaticano che guarda la Piazza: le finestre sono illuminate esternamente ma chiuse.
La gente che mi circonda lo invoca a voce alta, lo vuole Santo, vorrebbe vederlo subito. Quel subito che corrisponde ad altre 3 ore. Ci sono: sto salendo lentamente lungo il sagrato che mi condurrà alla porta centrale di San Pietro. La notte, il leggero vento e l’umidità rendono l’atmosfera quasi irreale ad un incontro così importante sotto ad uno oscuro cielo primaverile. La stanchezza si fa sentire ma la forza che mi ha spinto a tanto mi rende consapevole che sto facendo un sacrificio per amore.
Entro nell’immensa Basilica di San Pietro quasi incredulo di avercela fatta ma altrettanto commosso per l’incontro che di li a pochi minuti avrà luogo. A piccoli passi avanzo lungo la navata centrale, immensa, imponente, alta e talmente decorata che il mio sguardo si perde per qualche istante ad osservare stucchi, cornicioni, marmi, statue e mi fa perdere la cognizione dell’immenso spazio che le altre navate occupano nella basilica. Una Basilica quasi deserta: tutto in ordine, pavimenti lucidissimi, ceri votivi accesi accanto ai luoghi simbolo. Canti di preghiera soffusi si odono ovunque: non riesco a capire la provenienza ma questo non ha importanza in un momento così profondo. Mi rendo conto che è giunta l’ora: pochi metri mi separano dal corpo di Karol, così piccolo in una così grande chiesa. Mi soffermo immobile e lo osservo in silenzio: la gente che mi circonda si inchina, si inginocchia, prega, lo ringrazia a voce bassa: ognuno reagisce diversamente, ognuno lo vuole ricordare a modo suo, ognuno sa cosa “chiedergli” nel rispetto del luogo e del momento. Nella mia immobilità un flash-back mi illumina la mente: ricordo un uomo che ha contribuito alla caduta del Muro di Berlino, un Papa che è entrato in una moschea per la prima volta, il Suo foglietto depositato sul Muro del Pianto a Gerusalemme, il perdono chiesto a nome della Chiesa per i tempi bui di un certo passato, il Suo attentato nel 1981 e il Suo lungo cammino nella malattia e sofferenza. Quella malattia e sofferenza che non sono riusciti a piegarlo per molti anni, quegli anni che ha preferito trascorrere a diffondere la Parola di Dio invece di rimanere in Vaticano ad incontrare la gente nel Suo appartamento o ad affacciarsi dalla Sua finestra, quella stessa che fino a qualche giorno fa era illuminata e dove migliaia di occhi di fedeli riuniti in Piazza fissava intensamente durante le sue ultime ore di vita.
Vorrei restare li ancora ma il servizio d’ordine mi invita ad allontanarmi: sono le 3 di notte. Nessuno vorrebbe andarsene e anch’io posso soltanto “ammirare” Karol dalla navata laterale ancora per qualche minuto. Minuti che hanno superato il limite temporale sembrandomi eterni. La commozione è al culmine ma la forza di reagire ad un incontro così bello, carico di fede, ammirazione verso un Papa e soprattutto verso un Uomo di grande Fede, cuore e bontà non mi ha fatto esprimere tanto dolore con le lacrime. E’ ora: non posso restare più in Basilica. Lo saluto con un Ciao, gli do appuntamento nella nuova vita e gli auguro che il Cielo gli riservi un posto accanto a Pietro in prima fila, quella fila per cui ha combattuto per anni per mantenersela con i suoi fedeli qui sulla terra.
Addio Karol, ti ricorderò per il tuo pontificato, per i tuoi gesti, la tua gioia nell’incontrare giovani in tutto il mondo, nel cercare di unire popoli “lontani” e nella tua volontà di far cessare le guerre.
Tutti ti ricorderanno come Papa e come uomo, come colui che ha voluto far conoscere a tutti la Sua sofferenza, i Suoi problemi di salute e le Sue “mancanze” fisiche.
Lascio la Basilica con triste gioia nell’incontro appena terminato e mi soffermo a leggere piccoli foglietti scritti da devoti deposti alla base di alcune colonne dell’immenso colonnato che sovrasta Piazza San Pietro. Sono pensieri di bambini e non, uomini e donne, italiani e stranieri: ognuno esprime le proprie emozioni, i suoi ringraziamenti o richieste. Foto e ceri incorniciano il tutto. Leggendo e osservando le foto lo penso ancora ma non mi rendo conto che ormai è l’alba: non ho fretta ma la voglia di ritornare a casa a raccontare e far vivere quei momenti ai miei genitori mi fan scegliere la strada del ritorno. Un treno mi riporterà a casa di li a poco.
Qui finisce questo mio racconto vissuto in prima persona, culminato nell’incontro con Papa Wojtyla e che non dimenticherò mai. Possa questo gesto essere un aiuto a coloro che non vivono la propria fede fino in fondo, nella volontà di fare cosa ognuno di noi decide e vuole fare. Quella volontà che in poche ore mi ha spinto ad andare a Roma, aspettare 15 ore, incontrare il numero uno della mia fede, ritornarmene a casa e continuare il mio quotidiano. Tutto è possibile e se lo si vuole fare nessuno ci può ostacolare soprattutto in queste dure circostanze. |
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Coda davanti alla Basilica di San Pietro |
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Pellegrini in Borgo S. Spirito |
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Candele votive e messaggi alla base dell'Obelisco |
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Ponte
Vittorio Emanuele |
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Navata centrale nella Basilica di San Pietro |
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